Rto del 6 Novembre nel ricordo di Angelo Foschetti
“Perché arbitrare è bello, bello bello”, parola di Angelo Foschetti.
In un clima di festa e di commozione, si è svolta lunedi 6 Novembre la consueta riunione sezionale, una delle poche in cui non si è parlato di tecnica in senso stretto ma ciò che si è trasmesso racchiude uno dei cardini più sentiti dell’associazione: il valore dell’amicizia, quella che nasce dall’appartenenza ad un gruppo che nel tempo diventa sempre più grande e nel quale ci si riconosce.
Al ricordo di uno dei veterani della Sezione, Angelo Foschetti, scomparso poco più di un anno fa all’età di 86 anni, è stata dedicata la serata: una platea in cui si sono ritrovati la sua famiglia quasi al completo, con i tre figli, Pino e Fabio (appartenuti all’associazione per molti anni) ed Elisabetta ed i due nipoti Greta e Federico, che da sempre hanno portato la “bandiera” arbitrale; i suoi storici amici, colleghi di sezione e di esperienze di vita vissuta sui campi da calcio, con aneddoti che –seppur oggi risultano anacronistici – hanno fatto divertire ed hanno trasmesso una delle caratteristiche più centrali di un arbitro: “la capacità di non prendersi troppo sul serio ed alleggerire le situazioni più complicate” come ha sintetizzato il Presidente Daniele Doveri.
E’ proprio con Daniele Doveri ed il Vice presidente Valeriano Cristini, che si apre una serata che anche nella fase di accoglienza ha visto abbracci, lacrime, sorrisi, emozione in tutti coloro che hanno scelto di parteciparvi. Angelo Foschetti, viene raccontato ai giovani ragazzi attraverso un video emozionale, nel quale con l’aiuto di Fabio Foschetti, si è data voce ad una intervista che lui stesso aveva rilasciato al “Corriere dello Sport” nel lontano 8 aprile 1987.
Un’ intervista a cuore aperto, in cui non sono mancate risate e racconti forse poco ortodossi per un arbitro odierno, ma capaci di trasmettere l’essenza di un Uomo che ha dedicato all’Aia – proprio come un “missionario” – la sua vita, sia quando era pienamente in attività sia e soprattutto dopo, quando ha seguito i colleghi che iniziavano il loro percorso senza fargli mai mancare una parola di supporto e di conforto.
Dal Presidente Doveri, parte il primo racconto su Foschetti: “Un collega che si ricorda non per aver calcato i campi della serie A, ma per quello che ha lasciato nel cuore di ognuno di noi con la sua capacità di esserci con una parola di supporto nei tanti momenti della mia carriera”. Con un pizzico di emozione, il Presidente ricorda come Foschetti non mancava mai all’appuntamento della telefonata pre-gara, approcciando a lui con serenità ma anche mettendo in essa tutti quegli ingredienti indispensabili per un arbitro: elementi tecnici, consigli (sempre figli di un’ attenta analisi comportamentale delle squadre e dei calciatori) e soprattutto una carica motivazionale che lo portava a sintetizzare il ruolo dell’arbitro con un’espressione poco ortodossa ma quanto mai efficace: “Non ti devi “filare” nessuno”.
E questo, ricorda Doveri, è l’essenza di un vero arbitro che non deve mai farsi condizionare da aspetti ambientali, logistici, fisici, o di notorietà poiché l’unico elemento cui deve sottostare è il Regolamento. “Infine, voglio rendere omaggio alla passione che ha caratterizzato per tutta la vita il nostro collega Angelo Foschetti, ricordando ai ragazzi il nostro claim “Non esiste futuro senza la conoscenza del passato” e sperando che il suo modo di essere arbitro dentro possa arrivare e toccare ancora anche coloro che non lo hanno conosciuto”.
Le parole di Pino Foschetti, che ricorda il papà nel suo essere stato un cosi grande Uomo, da aver avuto la capacità riunire cosi tante persone in una serata a lui dedicata. ”Trasmettete la sua essenza, perché dopo stasera nessuno può dire di non averlo conosciuto”. Fabio: “Voglio trasmettere ai giovani la sua grande passione, quella che lo ha accompagnato per tutta la vita. Era un difensore innato degli arbitri, guardava tutte le trasmissioni televisive per intercettare chi parlava male degli arbitri e laddove poteva, li difendeva contro tutto e tutti”. E ancora, “appassionatevi a questo sport, senza guardare ai risultati, perché non possono e non devono essere il fine ultimo.”
E a chiudere le parole commosse della figlia Elisabetta, che nell’emozione esprime uno dei più bei messaggi “Se oggi papà mi chiedesse “Vuoi fare l’arbitro?”, gli risponderei di Si” sottolineando come quel concetto di famiglia allargata che la Sezione e l’associazione sostengono fosse evidente ai suoi occhi in una platea cosi composta e piena di affetto. E proprio su questa scia, la famiglia ha deciso di donare alla Sezione di Roma 1 l’ultimo trofeo ricevuto da Angelo Foschetti in occasione della sua ultima gara, in segno di continuità e affetto verso tutti e la Sezione ha consegnato formalmente l’ultima tessera ricevuta da Angelo Foschetti prima della sua scomparsa.
Durante la serata si sono alternati una serie di ricordi da parte di colleghi che lo hanno conosciuto, rispettato e amato. Da Federico La Penna, che emozionato non nasconde il dispiacere nell’assenza di quella telefonata prima di ogni gara “…perché col suo modo di fare – pur non essendo della mia generazione – è riuscito a creare con me e con molti miei colleghi un legame forte per il quale non ha mai saltato una telefonata prima e dopo una gara, a prescindere dalla tipologia della gara stessa”. Confermando dunque come la sua vicinanza era concreta e reale anche verso i colleghi più giovani.
Altrettanto condiviso ed emozionante l’omaggio che Roberto Bonardo – già Presidente di Roma 1 – ha voluto dedicare all’Uomo e Amico Foschetti: “Sono molto emozionato ma ho voluto rendere omaggio ad un uomo così straordinario.“ E poi ricorda il simpatico aneddoto avvenuto negli spogliatoi durante una gara di seconda categoria, dove con una battuta ai capitani “Voi siete i Capitani, io il Generale…avete capito chi comanda?” riuscì a smorzare sul nascere tutti i potenziali pericoli che quella gara aveva sulla carta.
Un rapporto prezioso, che si è consolidato nel tempo della presidenza quando ha avuto l’onore di consegnargli l’attestato dei 50 anni di Tesseramento AIA, momento per entrambi indimenticabile. “Lo voglio ricordare con quell’allegria che ha saputo travolgere ogni momento che ha passato nella sua amata Sezione”, conclude un commosso Bonardo cui segue sulla stessa linea l’intervento di Giulio Barchiesi, che insieme ad altri, ha ricordato quella modalità che Foschetti aveva di esprimere un suo concetto (dissenso o approvazione) attraverso la sua fisicità – uno scappellotto bonario – con il quale faceva arrivare chiari i suoi messaggi. “Schiaffone che mi sono beccato anche io dopo una visionatura che mi aveva fatto”.
Cesare Sagrestani ha voluto ricordarlo nella sua vena simpatica e scherzosa, senza però tralasciare quella sua serietà, quel suo equilibrio composto e quel corretto distacco che metteva quando andava a vedere i suoi figli e chiedeva informazioni sul loro andamento. “Non ha mai detto o fatto qualcosa per pressare situazioni, anzi l’unico suo scrupolo era che si potessero divertire con la stessa passione che aveva lui”.
A Pietro Taranto, viene poi affidato l’ultimo intervento della serata: è proprio lui infatti ad aver ricevuto il primo Premio Foschetti – istituito quest’anno e consegnato all’ultimo Memorial Orlandini. “Sono onorato di aver ricevuto il premio dedicato ad Angelo, conosciuto alla fine di una gara con il suo classico biglietto da visita (simpatico ceffone), ma che ricordo di più per un colloquio molto motivazionale, fatto di consigli tecnici che mi servirono per credere in quello che stavo facendo. Da quella partita è nata una forte amicizia che porterò sempre con me”.
Una serata che si è conclusa nel tempo e nello spazio, ma non nelle emozioni e nei ricordi perché continuerà a vivere in coloro che hanno partecipato per aver omaggiato o conosciuto un collega straordinario, che ha fatto cose irripetibili ma capaci di trasmettere il messaggio più profondo: “si deve essere arbitri appassionati, bisogna portare in campo la spensieratezza e la passione che solo un uomo come Foschetti , con la sua ironia, e la sua autorevolezza poteva canalizzare in situazioni “estreme”. Con queste parole conclude il Presidente Doveri una serata in cui nessuno aveva voglia di andare via.