”Il calcio è uno sport che una cultura tutta sua: nel basket per giocare e allenare bisogna conoscere le regole. Nel calcio, invece, sono tutti calciofili e commissari tecnici, ma nessuno conosce le regole”. Lo ha affermato l’arbitro della CAN A, Paolo Silvio Mazzoleni nella Riunione Tecnica tenuta nella sezione di Roma 1. Sono stati tantissimi gli associati che lunedì 20 febbraio non hanno voluto mancare l’appuntamento con Mazzoleni. In platea c’erano anche tutti i nazionali di Roma, a partire dai suoi colleghi della CAN, Daniele Doveri e Alfonso Marrazzo, e i CAN B Federico La Penna e Valerio Marini.
Introdotto dal presidente di Roma 1, Roberto Bonardo, e da un video realizzato dagli associati Nunzio Grasso e Giorgio Rinaldi, Mazzoleni ha salutato tutta gli arbitri, gli osservatori e i dirigenti, e ha iniziato a raccontare la sua storia.
“Sono passati 13 anni da quando sono approdato in quella che era la commissione A e B. A Coverciano entri in un mondo che ti sembrava tanto grande, dove ci sono stati arbitri che hanno fatto la storia della Serie A. Così come voi avete la fortuna di appartenere a una sezione importante, anche io provengo da una sezione, quella di Bergamo, che vanta una grande tradizione con arbitro del calibro di Pierluigi Magni e Domenico Messina. Avere figure di riferimento è importante per un giovane che deve cercare di “rubare” più cose possibili a chi ne sa più di lui”. Mazzoleni ha individuato tre categorie di arbitri. “Ci sono i giovani, che hanno tutte le caratteristiche per poter arrivare un giorno ad arbitrare a San Siro. Poi ci sono gli arbitri “garanti”, che anagraficamente non possono aspirare a categorie superiori, ma che sono linfa vitale e garantiscono la regolarità dei campionati. E infine ci sono i “meno giovani”, un patrimonio che solo l’Associazione italiana arbitri può avere e che si mettono a disposizione degli arbitri più giovani per guidarli e farli crescere”.
Gli esordi sportivi di Paolo Mazzoleni sono in un’altra disciplina, il basket. “Non ho mai giocato a calcio”, ha detto, “e ancora oggi seguo molto volentieri una squadra di pallacanestro di Bologna. E’ uno sport che per praticarlo bisogna conoscere bene le regole”. L’esatto contrario del calcio. “In Serie A mi è capitato, anche in questa stagione”, ha proseguito, “di dover spiegare ai giocatori le cose basilari, come ad esempio il pallone, su calcio di rinvio, è in gioco quando esce dall’area”. A differenza dei calciatori, che anche in giovane età possono bruciare le tappe e ritrovarsi subito in Serie A, nell’arbitraggio c’è un contesto differente. “Un arbitro va costruito stagione dopo stagione”, ha proseguito Mazzoleni, “La carriera è una corsa a tappe. Inoltre, i complimenti possono essere i momenti più pericolosi se non si ha la testa sulle spalle”.
Mazzoleni ha poi tracciato un profilo dell’arbitro moderno. “E’ sparita la vecchia immagine del direttore di gara alla Concetto Lo Bello. Oggi ai ragazzi viene subito detto che per essere arbitri bisogna essere allenati. Poi bisogna studiare sempre bene il regolamento, avere cura dell’alimentazione e curare gli svaghi. Inoltre, bisogna sempre aggiornarsi guardando partite di calcio e avere conoscenza, quando possibile, del contesto. La vostra vittoria è essere consapevoli di aver dato tutto”.
In chiusura, prima di rispondere alle domande di alcuni associati, Mazzoleni ha ricordato che “l’arbitro deve rispondere solo a due cose: al proprio Organo Tecnico e alla propria coscienza. Per chi pensa il contrario io in Serie A mi diverto ancora. Non bisogna aver paura dell’errore: chi è chiamato a decidere può e deve poter sbagliare. L’arbitro deve sapersi emozionare”. Antonio Ranalli