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Quella di Lorenzo Manganelli non è stata, per sua libera scelta, una riunione incentrata sul lato tecnico o sull’atletico, ma un bellissimo e coinvolgente viaggio nella sua vita arbitrale in cui è stata la sua proverbiale esperienza a far da padrone, sia nei momenti di gioia che di delusione. “Vivo l’arbitraggio quasi controcorrente, mi discosto un po’ dall’impostazione generale”: è questo il leitmotiv del viaggio che Lorenzo ha voluto condividere con la platea ancora una volta gremita. Lorenzo ha iniziato la mia carriera con un concetto: “Ho a disposizione dei colori e dei pennelli per dipingere il quadro nel quale mi sarebbe piaciuto vivere la mia carriera arbitrale (iniziata 24 anni fa, ndr) ma sempre con la costante di essere stato me stesso”.

Con una semplicità ed una freschezza così genuina ci ha introdotto nel suo sogno di bambino che è riuscito a coltivare. “Per noi arbitri è normale che trovarsi in difficoltà, in tanti momenti mi sono sentito solo, tante volte ho pensato di smettere. Però dall’altra parte c’era una calamita che mi caricava per continuare.
Vivo in uno standard di emozioni particolari, ma è questo il bello dell’arbitraggio, la stessa emozione del ragazzino di 12 anni che seguiva il papà alle partite.” Per Lorenzo è più sano, più bello non tanto guardare gli arbitri che stanno in alto, ma provare soddisfazioni da chi ha appena cominciato, perchè le emozioni del passato sono più belle proprio perchè irripetibili. “Andare a vedere un ragazzo negli allievi provoca certe emozioni che ti fanno ritornare con la testa a rivivere le emozioni profonde che l’arbitraggio regala e dà la fortuna di poter vivere”.

L’arbitraggio è una maratona, dove si devono affrontare determinati percorsi ed insidie. Comunque sia c’è un percorso, e la cosa più bella che Lorenzo compie ogni giorno “è quella di donarsi, gettarsi in questa maratona, e quando si è dato tutto in tutti i ruoli possibile con armonia, coerenza e passione, si vince sempre la propria maratona. Conta l’arrivo, conta il traguardo che ciascuno raggiunge. Chiaro che poi c’è sempre ci arriva più in alto e chi no, ma bisogna sempre capire che si deve scavare dentro di sé per trovare quel qualcosa in più”.

La carriera arbitrale e in particolar modo la Serie A ha insegnato a Lorenzo una realtà che, forse un po’ triste per i romantici del calcio, è tutta vera: “Oggi l’arbitraggio è un business, ciascuno vende il proprio prodotto”. E per fare ciò bisogna prepararsi al 100% prima di una gara.
Le partite si preparano sempre; non si arriva al fischio d’inizio impreparati. Sin da quando si prepara il borsone è necessario eliminare le emozioni o gli episodi negativi nella preparazione mentale, cercare di programmarsi all’incontro. “Perchè il borsone prima della gara è come il cuore, bisogna sapere quello che ci si mette dentro”. Programmarsi è determinante, e farlo positivamente è un vantaggio rispetto a chi parte con il concetto di partire per una gara e attendere l’episodio negativo, che alla fine sfortunatamente arriva.

Il sogno di Lorenzo, di quel ragazzino di 12 anni si è avverato. L’arbitraggio gli ha regalato il poter viaggiare, all’inizio vicino casa, poi fuori regione e via così. Offre ogni giorno la possibilità incommensurabile di poter conoscere realtà diverse prima della tua regione, poi dell’Italia. “Amo viaggiare e poter prendere da ogni luogo che visito, respirare tutto quello che quel posto può darti. Ovunque voi andiate, cercate di poter apprendere qualcosa di nuovo, di poter conoscere qualcuno di nuovo, perchè alla fine dell’arbitraggio restano queste cose, che poi quando si arriva in alto diventano le più belle.” Sempre rimanendo se stessi, specie quando si arriva in alto, cosa che è più difficile, perchè “più le persone volano alto, più le persone che non volano diventano piccole”.

Infine Lorenzo ha voluto aprire una piccola parentesi sull’incidente che lo ha travolto l’anno scorso: “Quello che mi è successo mi ha spazzato via il bambino di 12 anni, l’inconscio, l’istinto, e tutto ciò che di bello mi ero riuscito a creare. E non mi ha certo salvato la serie A, ma quel ragazzo che durante il recupero e dopo la fisioterapia andavo a vedere in prima categoria, negli allievi. Da un episodio negativo, quando tutto sembra finire, quando viene la voglia di smettere, c’è sempre una positività che si deve prendere”. “La passione è come il tergicristallo di una macchina, non fa smettere di piovere, ma ti permette di andare avanti”. Questo è Lorenzo Manganelli, un ragazzo come tutti noi, che si diverte con gli amici, che lavora, che arbitra. Nunzio Grasso