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Accettare sempre la sconfitta e ridarsi sempre nuove opportunità. Questo il consiglio che l’arbitro internazionale Davide Massa ha dato agli associati della sezione di Roma 1 che hanno partecipato alla speciale riunione tecnica su Zoom. Giovedì 21 maggio la sezione “Generoso Dattilo” ha “ospitato”, seppur in modalità webinar, l’ospite nazionale sorteggiato dall’A.I.A. a inizio stagione.

Come ha spiegato lo stesso Davide Massa, che appartiene alla sezione di Imperia, “è molto triste tenere una riunione tecnica in questo modo. Sia perché c’è stata una situazione di emergenza che sta facendo ancora soffrire molte persone, e sia perché queste riunioni non possono prescindere dal contatto umano”. Oltre 250 gli associati collegati, tra cui tutti gli arbitri nazionali di Roma 1, Daniele Doveri e Federico La Penna della CAN A, Valerio Marini e Francesco Fourneau della CAN B, Alessandra Carradori della CAN 5, il responsabile del S.I.N., Massimo Cumbo, il componente della CAN C, Maurizio Ciampi e il presidente del CRA Lazio, Giulio Dobosz, che ha ricordato che Massa ha “accompagnato l’ultima trasferta della mia carriera a Londra”.

Dopo il saluto del presidente di Roma 1, Roberto Bonardo, la parola è passata all’arbitro della CAN A. “Mi sono chiesto come potevo fare una riunione di questo genere”, ha esordito Davide Massa, “Non amo molto portare i video quando vado nelle sezioni perché in genere le sezioni sono già preparate e il Settore Tecnico invia tanti video. Questo periodo ha portato tutti a fare riflessioni sulla nostra vita e sul percorso che abbiamo fatto. Anche io ho pensato un po’ e quindi volevo condividere con voi i pensieri che ho fatto”.

Massa ha aperto la riunione con la frase di Paul E. Brown “puoi imparare una riga dalla vittoria, un libro dalla sconfitta”. In genere, ha spiegato Massa, quando si guarda la carriera di un arbitro o di uno sportivo, si vede sempre la parte più importante della sua carriera. “Sono i traguardi che un arbitro, un atleta ha raggiunto”, ha spiegato, “Quello che però non si trova mai sulle carriere degli sportivi è quello che sta sotto i traguardi.

C’è chi fa l’arbitro di calcio come attività ricreativa, e chi lo fa come sport arbitro di calcio. Lo sport è la ricerca continua del miglioramento dei propri limiti. A noi arbitri la società non ci riconosce questo ruolo di sportivi. Eppure le aree su cui bisogna lavorare sono tante e complesse: tecnico, atletico, psicologico, mentale. Quello che ci siamo scelti è un mestiere difficile e bisogna esserne consapevoli. Lo sport da arbitro di calcio non differisce per nulla dagli altri”.

Rivolgendosi soprattutto ai più giovani, Massa ha ricordato che bisogna sempre avere l’obiettivo della domenica successiva. “Alla lunga arriva chi ha la forza di continuare e di darsi delle opportunità”, ha proseguito Massa, “I fallimenti e gli errori ci sono per tutti, ma poi va avanti chi riesce a rialzarsi e a fare quel passo successivo che aveva in mente. Pensare al passo successivo e sognare in grande. Dovete guardare all’arbitro davanti a voi. Se siete in Eccellenza dovete guardare al collega di Serie D, se siete in Serie D a quello di C e così via.

Quando arbitravo in Eccellenza e avevo 19 anni la serie A poteva sembrare un’utopia. Però in una piccola parte del cervello c’era questo pensiero. E anche questo il senso più bello della nostra presenza nelle sezioni. Serve per fare uno scatto mentale ai nostri ragazzi, che pensano che la Serie A sia irrealizzabile”. Ci sono possono essere errori e cadute, ma secondo Massa non bisogna attribuire ad altri la colpa dei propri insuccessi.

“Bisogna accettare la sconfitta”, ha detto, “Ho trovato spesso persone che non riconoscevano la sconfitta. Invece quando si sbatte la testa, la prima cosa è capire di averla sbattuta. E poi bisogna ridarsi sempre nuove opportunità. Nel momento più buio della sconfitta , la vittoria può essere vicina”. Citando il titolo del libro dell’arbitro Roberto Rosetti, Davide Massa ha spiegato che il momento di maggior successo per un arbitro è “quando nessuno parla dell’arbitro.

Questo vuol dire quanto sia particolare la nostra attività. La nostra vittoria è invisibile e silenziosa, fatto salvo eventuali finali. Il consiglio che vi do è quello di avere la capacità di fissare la vittoria nella testa e di avere la capacità di viverla nella maniera giusta e assorbirla. Un rammarico che ho è quello di non aver festeggiato abbastanza i momenti straordinari che ho avuto”.

E poi c’è la passione, che guida l’attività arbitrale. “Questo modo di vivere questa attività e anche uno dei motivi per cui sono arrivato”, ha ricordato, “La più grande prova di coraggio è sopportare la sconfitta senza perdere il cuore. In una carriera lunga alla fine la chiave è la passione. In un percorso così lungo è la passione che ti fa continuare anche quando la ragione ti porterebbe a smettere. Mi piacere ricordare i miei esordi da arbitro.

Mi piaceva il calcio, avevo giocato fino a 14 anni e un po’ per gioco ho iniziato. I primi due anni li ho fatti un po’ in maniera svogliata. La svolta fu il mio presidente di allora, che era una persona molto carismatica, che in un colloquio di fine gare mi mise di fronte alle mie responsabilità. Avevo fatta una gara tranquilla, ma senza particolari emozioni. Non pensavo nemmeno di avere un osservatore.

Al termine della gara bussò, entrò nello spogliatoio e mi disse: “Non ti voglio rubare tanto tempo. Se pensi di continuare a fare l’arbitro in questa maniera, cercati una ragazzina e da domenica prossima vai in giro per Imperia. Altrimenti, se pensi di avere delle qualità, vai ad allenarti tre volte a settimana e impegnati”. A distanza di 20 anni mi ricordo ancora questo episodio. Era una persona che aveva un forte spirito aggregativo, cui volevamo tutti bene. Quella è stata una svolta. A livello un po’ più alto il momento difficile fu il primo anno in Serie C. Mi ero laureato ed era uscito il lavoro in banca. Ci sono momenti in cui la razionalità ti dice “lascio perdere e faccio dell’altro”. La passione invece mi ha portato a essere ancora qui”.